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Listrea, vi portiamo nella nostra "Ustione" - INTERVISTA


E' disponibile dallo scorso 5 novembre “USTIONE”, il nuovo singolo dei LISTREA. Durante l’estate, la band lombarda, inizia la scrittura di un nuovo nucleo di canzoni, registrate e prodotte completamente in home recording l’inverno stesso e “Ustione” è la prima di queste tracce che faranno parte dell’album d’esordio dei Listrea.


Un disturbante mondo che ci riporta nei locali sotterranei e nel cuore della scena musicale underground: un mondo nostalgico che mischia elementi di noise, psichedelia e progressive e che ora, dopo una pandemia globale, ci sembra fantascientifico e sconosciuto. Benvenuti.


Abbiamo raggiunto la band che ci ha parlato oltre che del nuovo brano, anche dei prossimi progetti. Ecco cosa ci hanno raccontato!


Come mai Ustione è il biglietto da visita perfetto per introdurci nel mood del vostro nuovo disco? A dire il vero, non sappiamo se Ustione possa rappresentare adeguatamente un nuovo corso. Quando abbiamo dovuto scegliere un singolo che anticipasse l’uscita del disco, ci siamo resi conto che, tra tutti i pezzi che avevamo a disposizione all’interno del nuovo lavoro, questo potesse essere più o meno adatto ad essere pubblicato anche in un contesto meno organico. Per la prima volta avevamo scritto un pezzo basandoci su un giro suonato da un synth, era piuttosto dritto e strutturalmente semplice, sui ritornelli la nostra amica Chiara cantava una linea secondo noi incisiva, ci piaceva l’energia del pezzo. Poi, non sappiamo stabilire con precisione quanto Ustione sia in linea con il resto dei pezzi, o come sia stata recepita dall’esterno. Di questo disco sappiamo che c’è Ustione e che si intitola Formicolio: un concentrato musicale di sensazioni? Sicuramente in questi pezzi c’è anche un’importante componente lirica carica di emotività. Ma anche delle situazioni. Con Ustione volevamo evocare una scottatura per ghiaccio sulla pelle, con Formicolio il momento di ripartenza dopo essere rimasti atrofizzati in una posizione per troppo tempo. Fisicamente e intellettualmente.

Come descrivereste la scena rock in Italia? Sentite di farne parte? Non esattamente. Abbiamo scelto da qualche anno di provare ad esprimerci in italiano. Non l’abbiamo tuttavia mai concepito o sentito come un discrimine per l’inserimento in una particolare scena musicale. Esiste una micro-scena, o meglio esistono tante micro-scene in tutta Italia nelle quali ci possiamo sentire più o meno inseriti, ma forse, nella nostra esperienza, è sempre stata una questione di territorialità, più che altro. In generale però ci piace pensare a quello che facciamo non tanto come una realizzazione di un particolare genere musicale che può essere il rock per via del fatto che suoniamo delle chitarre, ma piuttosto come la comunicazione di un sentire superiore ad ogni differenza specifica di stile, dal momento che noi stessi cambiamo costantemente approccio, strumentazione, tecniche di composizione. Come state in questo periodo? Nuovi progetti in corsi? In questo periodo stiamo già scrivendo molto, quindi piuttosto bene. Fortunatamente, da quando suoniamo insieme abbiamo sempre potuto usufruire di un flusso creativo costante e stimolante, ed è così anche questa volta. Stiamo scrivendo un sacco di cose nuove, con un approccio molto più disteso e spontaneo, improvvisativo.

Com’è stato il periodo del Covid per voi?


È stato chiaramente un periodo difficile, e come per tutti ha avuto dei risvolti psicologici pesanti. Abbiamo però preparato questo lavoro praticamente durante i lock down, e almeno questo ha risollevato le nostre vite in quei momenti. Non abbiamo mai smesso di scrivere, suonare, produrre. Anche a distanza.



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