HENRY BECKETT - VI PRESENTO "RIDING MONSTERS" IL MIO NUOVO ALBUM - INTERVISTA

É uscito venerdì 17 marzo 2023 su tutte le piattaforme digitali "Riding Monsters", il nuovo album di Henry Beckett, di ritorno dopo la pubblicazione del primo EP "Heights" nel 2017.
Nove tracce che solcano le onde del suo universo introspettivo e profondo. I testi dei brani hanno una forte ispirazione autobiografica e delineano un chiaro ritratto della personalità del cantautore “milanese ma di anima americana”. Henry è alla ricerca del suo posto nel mondo ed è in lotta costante con le difficoltà che fanno da freno al raggiungimento dei suoi obiettivi. Nonostante questo, in brani come “Riding Monsters”, “Some People Get Lost” o “Blackbird” ciò che viene messo più in luce non è la frustrazione dovuta ai numerosi ostacoli, ma la voglia di conoscersi anche attraverso tali difficoltà in modo da familiarizzare con esse per trasformarle in qualcosa di positivo per sé. Vince dunque la forza e la voglia di rialzarsi sempre, combattendo il più possibile contro la rassegnazione e il senso di impotenza che spesso ci portano a rimanere seduti ad aspettare che sia il caso a spostare i nostri binari sul tracciato giusto. È proprio questo il pensiero che viene rappresentato nella foto di copertina, in cui primeggia, appunto, il bisogno di reagire prendendo il controllo degli eventi.
Musicalmente, nell’intero viaggio di “Riding Monsters”, Henry Beckett rimane fedele alla tradizione americana dell’alternative-rock e, in generale, al mondo anglofono cantautorale, portando l’ascoltatore ad immergersi in spazi sconfinati colorati da chitarre riverberate e dalla sua voce calda e sognante.
Lui non ha ancora trovato il suo posto nel mondo, ma li abbiamo intervistati.
Chi sono i “Riding Monsters” che danno il titolo a questo tuo nuovo lavoro appena uscito? E in che modo questo album può essere collegato al tuo precedente “Heights”?
Sono i propri mostri interiori, i difetti, le paure o i traumi. Solitamente sono temuti e costituiscono degli ostacoli con cui ci si scontra nella quotidianità e che rischiano di allontanare gli altri da noi. In realtà, ogni personale aspetto negativo può essere conosciuto ed esplorato, fino ad arrivare ad accettarlo e magari trasformarlo in qualcosa di positivo per noi e per gli altri. Io, per esempio, sono una persona che tende a essere molto paranoica e a crogiolarsi in vortici di pensieri che a volte mi incastrano in loop infiniti. Il mio tentativo è quello di mettermi a favore di queste correnti circolari e di non combatterle, pensando che potrebbero portarmi più a fondo nelle cose e magari a fare una nuova scoperta. È potenzialmente un modo per riuscire anche ad apprezzare le inevitabile cadute emotive, per poi ritrovarsi a risalire l’occhio del ciclone con qualcosa in più da raccontare di sé. Non so quanto ne sia in grado, ma questo sarebbe l’obiettivo. “Heights”, “Altezze”, è collegato a “Riding Monsters” perché fa proprio riferimento a questo sali e scendi continuo, che poi è ciò che mi ha portato a scrivere musica.
Ti ricordi ancora com’è nata questa tua fascinazione per la musica degli States che hanno contribuito a renderti un cantautore “milanese ma di anima americana”?
Viaggiando da piccolo in macchina per l’Europa e l’America in itinerari lunghissimi insieme ai miei genitori. C’erano sempre queste musiche che facevano da colonna sonora alla mia prima scoperta del mondo. Mio padre portava ogni volta con sé una scatola piena di dischi di gruppi e cantautori anglofoni che io assimilavo mentre guardavo fuori dal finestrino. Questa combinazione di elementi ha scatenato una reazione dentro di me che mi ha regalato sia la passione per il mio genere musicale, ma anche quella per il cinema. Quelle stesse canzoni, infatti, amplificavano ogni emozione che provavo facendomi sognare di vivere in un film, nutrendo la mia fascinazione anche per questa arte. Non a caso, oggi, oltre a fare canzoni sto concludendo un’accademia di recitazione.
La pandemia ha qualcosa a che fare con questi tuoi riding monsters? E come ha influito questo periodo difficile sul tuo percorso musicale?
Le canzoni del disco erano praticamente già pronte nel 2020, perciò la pandemia non ha influito sulla tracklist di “Riding Monsters”. Sicuramente, però, si sono aggiunte nuovi mostri da imparare a cavalcare. È stato un periodo molto traumatico per tutti, ma gli devo il fatto di avermi portato a prendere finalmente alcune scelte drastiche riguardo al mio percorso di vita: abbandonare la mia carriera da psicologo - fino ad estremo contrordine - e abbracciare totalmente quella artistica, sia come cantautore che come attore. Era il mio bisogno primario da tempo. Purtroppo, ho subito anche diverse perdite, tra cui quella di mio padre Enrico che è sempre stato il mio primo sostenitore. Ma tutto quello che ho vissuto, nel bene e nel male, verrà mantenuto vivido nella musica che verrà: mi terrò stretta ogni altezza e discesa di questi brutti anni per dare un senso più grande a quello che ho intenzione di fare.
Quali sono le difficoltà del fare musica oggi? Ti spaventano?
In generale direi, come prima cosa, l’investimento di tempo e soldi che richiede fare musica, al seguito del quale non è garantito ovviamente nessun ritorno. Emergere è sempre più difficile data l’enorme proposta musicale che ogni giorno continua a proliferare. È ancora più complicato se si vuole fare un genere come il mio che in Italia ha oggettivamente poco mercato. Il rischio che si corre di certo spaventa, ma c’è un limite a questa paura che si risolve quando mi chiedo “Potrei fare altro?”. No.
In secondo luogo, ora che è uscito il disco e c’è il bisogno mentale e pratico di portarlo in giro live, la difficoltà con cui mi sto scontrando è trovare posti dove suonare che possano sostenere la riuscita di un tour. Confido però che qualcosa salterà fuori.
Hai trovato il tuo posto nel mondo?
Non ancora ma ho trovato la porta dietro la quale si nasconde.